domenica 19 gennaio 2014

"Le lacrime degli eroi" di Matteo Nucci

"Erano singhiozzi che tutta Atene avrebbe potuto sentire. Perché Pericle per la prima volta pianse. Pianse con tutta l'energia che aveva in corpo, tutte le lacrime che non aveva pianto per anni e anni di battaglie politiche e personali, vittorie, sconfitte, delusioni, amari trionfi. Pianse a lungo. E quando smise di piangere, attorno a lui erano rimasti solo i più fedeli".
Siamo persuasi che le lacrime siano segno di debolezza, fragilità, insicurezza, soprattutto in un uomo. Ma non è sempre stato così.
In un tempo lontano, nella Grecia antica raccontata dagli aedi e nei testi che oggi ascriviamo ad Omero gli uomini avevano la forza di piangere senza rendersi ridicoli, perché "solo chi piangeva a cuore aperto, senza timori, in singhiozzi violenti o lamenti disperati, ma comunque a viso aperto, solo chi era davvero capace di piangere sarebbe stato l'esempio del vero coraggio".
Matteo Nucci, rilegge le pagine dell'Iliade e dell'Odissea e racconta le lacrime degli eroi, guardando altresì ai miti antichi. In un viaggio che dalla carta si fa viaggio di vita, esplorazione, esperienza l'autore affonda nella storia, attraversa i campi di battaglia come le stanze private, esplora l'animo umano sondando sentimenti di inquietudine, rabbia, tormento, bisogni nuovi di rabberciare un cuore ferito dalle privazioni, dalle perdite, dai lutti, dalle attese infinitamente rimandate, le speranze sopite sotto cenere di nostalgie perdute.
E' bellissimo il racconto, lacrime dopo lacrime, di Odisseo che torna nella sua terra e rivendica i suoi affetti, il suo ruolo. E' violento il piangere di Achille al cospetto della vendetta per gli amici morti. Eppure in ogni caso il loro è un pianto necessario, costruttivo, che fonda la memoria, forma l'uomo, fortifica l'animo, lo rende solido al cospetto del nemico, qualunque volto abbia, qualunque forma prenda.
E' straordinaria la scrittura di Nucci, evocativa, immersa nell'analisi dei testi antichi come della vita vissuta, è pregna di curiosità, di voglia di rispondere a domande che ci pone da sempre, è appassionata, struggente, bellissima, perché belle sono le parole, le spiegazioni dell'agire umano.
"Comprendiamo l'importanza del Tutto quando non abbiamo più nulla, quando abbiamo perso ogni cosa, ogni affetto individuale, nella morte. E di questa comprensione possiamo avere consapevolezza nel pianto. Quando non abbiamo più nulla fuori di noi abbiamo ancora qualcosa in noi: la nostra vita che scorre nelle lacrime".
Un romanzo, un saggio, un racconto intimo, un viaggio dolcissimo alla scoperta della nostra fragile forza umana. Un libro da portare nelle scuole, un dono per le future generazioni di uomini.

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