sabato 25 maggio 2013

"Mandami tanta vita" di Paolo Di Paolo

"Che cosa si guadagna crescendo? Dove non avresti immaginato conflitti, è proprio là che esplodono, con una violenza che può lasciarti stordito. Non c'è quasi più niente che somigli a un dono. Tutto ha l'aria di una promessa non mantenuta"
Così si sente Moraldo in quel di Torino nell'inverno del 1926.
In fuga dalla provincia, dal padre piccolo commerciante, dai sogni di diventar qualcuno, scrivere, stampare, dire cose piene di senso che tutti ammirano, un pò come capita a quel giovane visto in facoltà, pallido, occhialini tondi da miope, sfuggente, che lui trovava d'istinto antipatico forse perchè non ha risposto alle sue lettere, quel Piero Gobetti ora in fuga dalla città, deciso ad "essere se stesso, dappertutto", deciso a dare spazio alle idee, a raccontare il suo tempo, attarversarlo con consapevolezza, ardore, desiderio di libertà, a qualsiasi costo. Del resto "come si può tornare indietro? Come si può accettare di tacere? Una volta che la sfida è aperta, occorre condurla fino in fondo con intransigenza. Non si torna indietro dalle parole dette, non si recede dalle convinzioni".
E così dalle albe trascorse a leggere Kant per strada con i compagni di studi ad una soffita di Parigi, il cuore gonfio di dolore per l'adorata moglie Ada e il piccolo Paolo lasciati a Torino, a sentirsi giovani, nonostante tutto.. perchè "l'esilio è anche questo; la barba, il freddo, una stanza piccola e sporca". Così, "un pò Mazzini, un pò Charlot, disorientato e stanco" e poi d'improvviso l'ansia di scuotersi, reagire, studiare, riprendere i contatti con gli esuli, cominciare a coordinare il ritorno alla stampa del giornale, nuove firme contro il regime fascista che si è imposto in patria, la violenza degli squadristi che tacita ogni voce sospetta e calpesta l'uomo, la sua dignità. Era capitato anche a lui di esser minacciato, picchiato, forse era cominciato lì il suo malessere, quella spossatezza che non l'aveva più abbandonato.
"Mandami tanta vita" scrive da Parigi alla moglie.
Vita che lo stesso Moraldo sogna di afferrare, cominciare, per forzare quelle promesse di gioventù e concretizzarle. Sembra che accada quando complice lo scambio di una valigia in stazione incontra una giovane e disinvolta fotografa, Carlotta, di cui si innamora, crede, ricambiato. La seguirà a Parigi e lì il disincanto.. "al suo fianco ho sempre l'impressione di perdere consistenza, di ridurre il proprio spazio fino quasi a scomparire" eppure sarà proprio a Parigi che ad una panchina in un parco Moraldo ritroverà Gobetti. Un momento, l'ennesima occasione mancata di parlargli, di presentarsi, raccontarsi.
Lo farà, quando di lui solo poche ore dopo leggerà su un giornale che "è mancato", e allora Moraldo comincerà a vivere davvero la sua età. 
Ora lo sa. "La volontà è tutto. Le cose che vuoi accadono".

Un romanzo di fulgida bellezza quello di Paolo Di Paolo. Ha la forza di rapire il lettore sin dalla prima battuta.
Una narrazione che pesa ogni espressione verbale, evocativo, perfettamente calato nel tempo, attento e misurato nel giudizio storico. Avvicina alla figura di Piero Gobetti e per tramite del protagonista Moraldo, impacciato come tanti suoi coetanei, racconta il tormento di una generazione. Sfiora la fascinazione del male, nelle parole di Amadeo e del racconto della spedizione punitiva di un gruppo si fascisti, e conquista con la certezza di quelle parole gridate al vento "le idee, almeno le idee, ci sopravvivono?".
Sì, la risposta, la prova è nell'esempio di chi come Gobetti si è fatto senza eroismi espliciti 'lupo selvatico all'addiaccio'. "Il resto del branco ha trovato riparo, ti chiama, ti guarda come il figlio sbagliato, come il pazzo temerario. Tu resti là, non ti muovi, tremi, ma resti; impassibile come una polena contro il mare in burrasca. Quando la violenza della tempesta si sarà placata, rientrerai nella tana. Non capiranno. Non ha importanza".
Ma ha importanza questo libro, la sua lettura, una certa sua poesia e il ricordo di un italiano straordinario come pochi: Piero Gobetti.



Nessun commento:

Posta un commento