martedì 7 maggio 2013

"Il tempo è un dio breve" di Mariapia Veladiano

Il tempo è un dio breve racconta di Ildegarda, teologa, giornalista, prima di tutto una donna capace di amare, dove amore sta per gioia intensa e pari sacrificio. Una donna tormentata dal suo giudicarsi impietosamente, con un forte senso di responsabilità, decisa a interrogarsi mille e più volte sul significato della vita, sul dolore che ghermisce gli innocenti, sull'incapacità stessa di quanti non hanno il cuore abitato da amore, grazia, perdono e che forse più di altri necessitano di attenzioni e comprensione, e ancora della compassione che merita un dio impotente al cospetto dei mali del mondo.
Ildegarda, figlia tardiva di una coppia di gente umile e laboriosa, riflette su chi ha intorno uno stoico senso di radicamento, adattamento; accetta l'abbandono del marito Pierre - preso dal suo "immane tentativo di tenere a bada il mondo, di non sentire le emozioni, di non sentire.."- si abbarbica alla vita del figlio Tommaso e quando con fatica, stordimento, momenti di puro sconforto sarà sul punto di tradire il suo essere rifiutando la vita stessa, la vita le porterà accanto un'altra anima dolente, un sopravvissuto degli affetti, Dieter, un pastore luterano che le insegnerà ad accettare il dono dell'amore: "la nostra era stata una seconda nascita, arrivata mentre eravamo nella disperazione e niente più riuscivamo ad immaginare davanti a noi (...) tutto quanto ci dà felicità viene da Dio e avere paura della felicità è il più subdolo dei peccati poiché dietro un'apparenza di umiltà riveliamo una riserva radicale nei confronti di Dio, mostriamo che non sappiamo credere che ci ama sempre per primo, che la felicità è nelle sue mani e che ce la regala senza applicare una contabilità sui meriti e le colpe".
Colpe.. Ildegarda sente di averne ancora quando Tommaso si ammalerà rivelando la fragilità della vita, dell'amore che non può bastare, né salvare. 
"L'amore rende la vita irrinunciabile".
Non suo figlio. Ildegarda può sopportare perdite, tradimenti, sconfitte morali ma non di perdere suo figlio. Per questo nello sconforto più folle crede di poter stringere un patto empio col Dio che governa il mondo: offrire la sua vita in cambio di quella di Tommaso. E quando lo saprà salvo non si stupirà affatto di scoprire che è lei ad avere nel corpo un male che non lascia speranze. 
Ildegarda dovrà prepararsi a lasciare gli affetti più cari, perdonare e perdonarsi, sarà finalmente capace di lasciar fluire le proprie emozioni anche di rabbia e continuerà a cercare l'origine della propria fede fino a farsene scudo perché "la fede è questo. Non un sapere, è una promessa fatta da chi può promettere perché ha già mantenuto infinite promesse".
Ildegarda vivrà un'ultima stagione felice con il suo Dio nel cuore e i suoi amori terreni accanto: "ti amo come si ama la vita quando ci viene restituita, al di là di ogni speranza".

Una scrittura dolente, struggente; una narrazione di estrema intelligenza. 
Un interrogarsi costante sulla fede, che lacera l'anima del lettore costringendolo ad un dialogo interiore faticoso e necessario. Se ne viene fuori fortificati. "L'amore non finisce... la morte non è l'ultima parola".

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