
In un tempo e in un luogo in cui la corruzione, l'abuso di potere sono così diffusi da assurgere a norma gli uomini del Sacro Regio Consiglio giungono ad approvare delibere e così conseguire favori e benefici consci che a presenziare la seduta vi è ormai da ore un morto. Fingeranno dolore per la grave perdita e al tempo stesso mediteranno i guadagni della successione, ignorando che la mano del destino di li a breve rivoluzionerà tutto.
"La picciotta che lo stava a taliare aspittanno che parlasse era nìvura
di capilli, àvuta, slanciata, aliganti, vistuta alla spagnola. Il meglio
pittori che c’era supra alla facci della terra non avrebbi mai saputo
pittarla com’era". Eleonora di Mora, vedova del Vicerè, al cospetto degli uomini del Consiglio chiede di parlare per reclamare quel che di diritto le spetta: il governo del regno.
Ha dell'incredibile. Una donna al potere. E non una qualsiasi. Una donna di fascino e straordinaria intelligenza, decisa a non farsi intimorire dai lestofanti che si dicono al suo servizio e di cui si libererà smascherandone i traffici.
Invisa ai notabili, amata dal popolo al cui bene pensò riformando le maestranze, calmierando il prezzo del pane, aiutando concretamente le famiglie numerose, creando istituzioni atte a prendersi cura delle giovinette orfane e delle donne in difficoltà. La missione di Eleonora consisteva nel ridare dignità alle persone, avere riscontro di un miglioramento delle condizioni di vita dei più bisognosi, aver certezza che fosse comune l'opinione che più alcuno avrebbe tiranneggiato ignorando la legge.
Il popolo prese quasi a venerarla, i potenti di un tempo ad odiarla al punto da ordire come fece Turro Mendoza, arcivescovo di Palermo e capo della Chiesa siciliana, oscuri complotti per screditarla, additarla di stregoneria. Fu invece Eleonora a mandarlo in carcere, riuscendo a provare la sua responsabilità in atti di violenza su due bambini del coro della cattedrale.
Con Eleonora al governo nel Sacro Consiglio Regio siedono uomini di proba onestà, il Capitano di giustizia ha riportato l'ordine in quel di Sicilia, nelle casse del tesoro sono rientrati i soldi sottratti illecitamente: "voi non vi siete vendicata. Voi
avete solamente fatto giustizia. Tutti i consiglieri erano corrotti,
voi li avete fatti punire per la loro corruzione. L'offesa arrecata al
vivere non è stata che una conseguenza del loro agire e pensare
profondamente corrotto. Voi non siete una donna che si vendica, non è
nella vostra natura, nella vostra natura c'è solo giustizia".
Eppure, sebbene ci sia ancora tanto da fare, il tempo di Eleonora è finito, è durato poco meno dì un ciclo lunare. Ma è stato incisivo e destabilizzante come una rivoluzione. Il Re di Spagna è costretto a destituire Eleonora perché in quanto donna non può
essere il Legato nato, del Papa, ma riconoscendo il suo encomiabile lavoro lasciò che le leggi e le decisioni da lei assunte non decadessero.
Come fu e come non fu.. che Eleonora tornò in Spagna lasciando un popolo in lacrime, grato della sua lotta contro la deriva dispotica del potere, esempio di riformatrice attenta alle esigenze concrete della gente.
Storia armonizzata da una narrazione che riluce di bellezza, e parla
di un tempo in cui si ripete incessante l'eterna lotta tra bene e male. Un romanzo che impasta storia a finzione e si dimostra attuale. Tanto forte il ruolo di Eleonora come personaggio simbolo quanto stilisticamente convincente il fluire di lingue e dialetti che rendono le atmosfere cariche di pathos e realismo.
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