sabato 23 marzo 2013

"Eredità" di Lilli Gruber

"Dovete sapere da dove venite, per poter andare lontano"
Capita, a volte, che un racconto privato, di famiglia, si tinga di universale riuscendo a descrivere con fascinazione, interesse, attesa un luogo, un tempo.
E' il caso di Eredità della giornalista Lilli Gruber. 
Il luogo è il Sudtirolo.
Il tempo, gli anni dalla caduta dell'impero austro-ungarico al volgere del secondo conflitto mondiale.
Di mezzo il dramma di gente di montagna prima strappate alla patria natia, l'Austria, poi forzatamente italianizzati infine lacerati dall'opzione voluta da Mussolini e Hitler: scegliere se partire o restare. 
Dirsi tedeschi e ricominciare nel Reich o farsi italiani e rimanere rinunciando a qualsiasi tutela per la propria minoranza.
"Si tratta di una proposta mostruosa. Restare e rinunciare alla propria cultura, abbracciando proprio quell'Italia contro cui da anni si combatte? Oppure andarsene e separarsi dalla propria terra e da tutti i propri averi, per affrontare un destino sconosicuto in una nuova patria? Rinunciare al passato, o ipotecare il futuro?"
A raccontare errori, orrori della storia ma anche gioie e un vissuto semplice, di fatica e lavoro, come di ideali, passioni, speranze straordinarie Rosa Tiegenthaler, bisnonna della Gruber.
E' il suo diario a parlare di lei, della sua grande famiglia, della sua Heimat (patria): un marito amatissimo, figlie e figli, indomiti, coraggiosi, laboriosi; su tutti la giovane Hella descritta dalle cronache del tempo come un'eroina finita al confino in Basilicata per la sua attività clandestina in favore di un Sudtirolo libero, lei fervente seguace di Hitler così diversa dalla più dolce e saggia Elsa, nonna della Gruber, che sceglierà di restare in Italia e vegliare Rosa sul letto di morte.
Lei che aveva visto da ragazzina disgregarsi tutto il suo mondo e faticosamenente costruirne un'altro non aveva retto all'orrore della sua terra divisa, delle notizie inquietanti degli amici ebrei perseguitati, dell'assoluta ottusità di quanti, troppi, non avevano saputo riconoscere in Hitler e in Mussolini, semplicemente il male.
"Rosa ha già visto una guerra e ha provato sulla propria pelle quanto in fretta possano cambiare le cose".
Storia, biografia, attualità poco conosciuta, in una scrittura dal taglio di ricerca e dal ritmo serrato di una cronaca. Una narrazione intensa che dal cuore di Pinzon arriva a noi con lo struggente realismo di un segreto di famiglia: "Rosa ha chiuso gli occhi pensando che i suoi sogni fossero morti, ma in realtà erano solo sospesi. i suoi sogni vivono ancora, e la storia non è finita".

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