sabato 23 novembre 2013

"Il senso di una fine" di Julian Barnes

"Il ricordo è ciò che pensavamo di aver dimenticato".
Una lettera recapitata da un notaio, un piccolo lascito in denaro e il diario di una persona morta da tempo. Poco basta a rimettere in discussione l'intera vita di un pensionato inglese, Tony Webster.
Costretto a tornare indietro nel tempo, a ricordare gli anni della scuola e dell'università, gli amici, la prima ragazza amata Veronica e lui, Adrian, l'eccentrico, il genio, il migliore dei ragazzi sul cui futuro di successi tutti scommettevano, salvo assistere al disgregarsi del mito un giorno qualunque, in un bagno schizzato del suo sangue suicida. Di lì affannarsi a cercare il senso di una fine era durato qualche giorno, un anno, poi il ricordo era sbiadito nell'incessante costruzione della vita: lavoro, famiglia, figli o almeno nell'illusione della costruzione di una vita intorno all'artificio di una verità che sfiora la convenienza. "Prendiamo d'impulso una decisione e ci costruiamo sopra un'infrastruttura di ragionamento che possa giustificarla. Il risultato poi lo definiamo buon senso".
Era capitato così a Tony, che aveva dimenticato. Dimenticato che Veronica lo aveva lasciato e di lì a breve aveva preso a frequentare Adrian. Dimenticato che al permesso implicito dell'amico di amare la sua ex lui aveva risposto con una lettera velenosa e insulsa. Dimenticato l'asprezza del sopravvivere a chi si credeva amico solo per espiare con una vita scialba. Dimenticato di provare emozioni, semplicemente di vivere se non accettando la mediocrità. Dimenticato fino al giorno in cui il ricordo dell'amico perduto torna prepotente a chiedere ragioni, a fare i conti con il passato, con la propria vita rivelando un carico inaspettato di solitudine e sofferenza che nasconde un segreto che sì.. rivela il senso di una fine e la fragilità dell'essere umano. Una fragilità che fatalmente, finalmente.. così umanamente avvicina gli uomini. "Più impari, meno temi. Imparare non in termini di studio accademico, ma di comprensione effettiva della vita".
Capita di rado che una storia arrivi al lettore con la stessa immediatezza de "Il senso di una fine". Una scrittura viva, diretta, che cattura per l'immedesimazione e la voracità dei sentimenti dissotterrati dallo sfogo verbale del protagonista Tony. L'uomo comune al cospetto dei quesiti tutti della vita: amore, vita, morte, responsabilità a cui nessuno prima o poi può sottrarsi senza rivelare in qualche modo  la propria inadeguatezza al vivere. Mai macchine ma esseri pensanti, mai certezze ma dubbi, dubbi che possono sfiancare, lacerare, soccombere ma anche portare a nuova vita, mai solo rivalse ma anche colpe, errori, riscatti. Nella scrittura di Barnes c'è tutto, nel suo Tony c'è una parte di ognuno di noi, di quello che siamo stati o potevano essere o magari saremo, c'è l'inesperienza del vivere e la saggezza dell'accettazione del mancato perdono, c'è l'ansia di esistere e la spregiudicata felicità della medianità della vita.
Un libro di folgorante autenticità.  

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