giovedì 25 aprile 2013

"La fine del giorno" di Pierluigi Battista

"C'è molta più vita e 'verità' nei cassetti da svuotare di cose apparentemente senza importanza, o negli armadi da rimettere in ordine, che nei più stentorei proclami melodrammatici".
Raccontare la fine del giorno di chi ci è stato caro, della persona che si è scelto di amare, può risultare l'esempio più difficile di scrittura. Si rischia di perdere l'oggettività del narratore per affondare nella parzialità dolorosa del superstite. Eppure Pierluigi Battista guarda in faccia la malattia che si è portato via sua moglie, il cancro, e lo tratta per quello che ancora è: una malattia incurabile. Un nemico da conoscere, rispettare in battaglia, cui dopo lunga e rabbiosa tenzone, cedere le armi. Questo aggressore, per certi versi verosilmente vigliacco, che consuma i corpi, gli stessi che con l'età mutano natura. L'uomo da sempre rifugge l'incedere del tempo. Rinnega ostinatamente il placarsi dei bisogni che alimenta platealmente spacciandosi per quel che più non è: un giovane seduttore che rischia di trasformarsi nella macchietta di se stesso. Tanti gli esempi nella letteratura, nell'arte tutta che stimolano nell'autore riflessioni e si fa strada in lui l'idea di raccontarla, spiegarla fino a che si fa inopportuna, inutile a fronte della verità inoppugnabile che gli è accanto e riconosce nel corpo provato dalla malattia di sua moglie.
"Si piange e basta"
Questo solo resta. Struggente, doloroso epilogo di una vita.

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