lunedì 24 aprile 2017

"La ragazza di prima" di JP Delaney

Folgate Street 1, Londra.
Monkford Building.
Emma e Jane.
Due donne, due voci per raccontare un incubo, un'ossessione, un amore malato.
Un uomo, l'architetto Edward Monkford. Giovane, brillante, deciso. La sua casa, espressione di sé, elaborazione di un lutto, esemplificazione di una nuova forma di vita improntata al controllo, all'austerità, alla purezza dove la pulizia esteriore rispecchia quella interiore, dove l'essenziale è sublimato.
Ma quanto di vero c'è in quel che chiede Edward Monkford agli affittuari della sua casa? La domotica e un controllo virtuale di ogni attività della casa può sostituire il contatto umano? 
E cosa è davvero accaduto a Folgate Street? Un omicidio? Un suicidio? Chi è davvero Edward Monkford? Perché i suoi affittuari sono solo donne, somiglianti alla moglie defunta?
Un giallo inquietante a tratti snervante. 
Un ossessivo cambio di rotta nella trama. Mai è quel che sembra nel romanzo di Delaney. 
Interrogativi dilanianti che coinvolgono il lettore in una dicotomia azione/pensiero che sfinisce.
Cosa è davvero essenziale nella vita di ognuno di noi? A cosa potremmo rinunciare? Cosa consideriamo lecito? Cosa siamo disposti a fare per proteggere le persone che amiamo?

La scrittura di Delaney è accattivante, ma la trama non è originale e soprattutto non è così convincente la costruzione dei personaggi. Un sotteso senso di incompiuto delinea il tutto quasi che ancora qualcosa andrebbe spiegato, definito.

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