domenica 4 giugno 2017

"Nel guscio" di Ian McEwan

"Come è possibile che io, neppure nato ieri, sappia già quanto basta per sbagliarmi su tante cose? Beh, ho le mie fonti, io ascolto".
E dal grembo materno il futuro nascituro ascolta musica, lezioni sullo scibile umano, notiziari. Si interroga sull'amore, sui sentimenti e i bisogni umani, sulle difficoltà e le guerre, fino a chiedersi del male. Perché il male è nel cuore della donna che lo ospita, Trudy, e dell'uomo, Claude, che presto l'aiuterà ad ammazzare il padre, John. Un editore, poeta mancato, la cui unica colpa è quella di non aver svenduto i propri sogni.
Pochi giorni alla nascita e già l'amara sensazione di essere abbandonati.
"Soltanto nelle fiabe i figli indesiderati vanno a stare meglio partendo dalla condizione di orfani".
Una grande casa su Hamilton Terrace, qualche milione di sterline questo è il prezzo della libertà che porterà la morte di John alla giovane e bella Trudy. Poco importa che il legame adulterino con il cognato Claude sia ormai cosa conosciuta, John non si rassegna a perdere l'amore della moglie. Tenta la carta della gelosia, la sfida a lasciare la casa, mentre decanta il loro amore perduto.
E il futuro nascituro lì, impotente ad evitare la tragedia.
Riuscirà a impedire agli assassini la fuga con l'unico atto possibile: nascere, essere.
Una presa di posizione che lo segnerà per sempre come "il genere di poesia che colpisce e fa male prima che uno riesca a capire esattamente quanto è stato detto".

Semplicemente geniale 'Nel guscio'. 
Se non fosse che l'Amleto di Shakespeare è lì a ricordarci che qualcuno ha già scritto  un capolavoro diremmo che Ian McEwan c'è andato vicino.
Lasciare che il protagonista sia un bimbo prossimo alla nascita è una soluzione narrativa eccelsa come la scrittura tutta dell'autore.
È lui la coscienza ignorata di Trudy, lui giudice impietoso che a suo modo infine si fa giustiziere, lui che dubita su tutto, si interroga, reclama il diritto di vivere, di essere persona, di essere felice a dispetto della scelleratezza della madre: "bellissima, amorevole, assassina".
Il libro si legge tutto d'un fiato. È pregevole in ogni dettaglio narrativo. Le parole non sono mai scritte a caso ma pensate. L'evoluzione della preparazione dell'assassinio si affianca al racconto degli ultimi giorni di gravidanza, alla torbida relazione dei due amanti, al senso di finitezza della vita di John e il melanconico ricordo del suo amore perduto, struggente come una poesia che può tutto o quasi.
L'ascolto di quel piccolo, nel guscio materno, ricalca l'ascolto primigenio della vita. E si fa infinito.
Un libro meraviglioso. Come capita di rado di leggerne.

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