"Sono venuto qui per sparire" dice.
Cammina incespicando su un'acciottolato che un tempo visse di tanti passi.
Si perde in mezzo alla natura, che pare madre e matrigna. Animali morenti, lucciole accese d'amore o rondini impazzite, cani randagi e farfalle, terra tremante per terremoti che come il buio della notte inghiottono l'anima. E si interroga, sul suo essere al mondo, sul dolore che è forse unica forma di percezione del reale, sull'assolutismo dei sentimenti cui l'uomo finisce per soccombere.
E poi una lucina nel bosco.. notte dopo notte.
Lì à incuriosire, a dare speranza, a dare concretezza ai giorni tutti uguali, a rompere la solitudine.
L'origine.. una casetta senza porte né finestre abitata da un bambino.
Un posto fuori dal tempo, immaginario, improbabile.
Un bimbo con i calzoni corti che si rivela inaspettatamente una guida. Verso altri spazi, altri mondi, altre coscienze. Lì pronto ad offrire la propria mano nel tempo che spegne l'attesa e segna il passaggio dalla vita alla morte: "Dove andiamo? Non lo so" . Ma chiederselo, interrogarsi è già tutto.
Forse.. pare.. bisognerebbe costellare il breve romanzo di Antonio Moresco di frasi ipotetiche. A tratti onirico lo scrivere dell'autore è nelle intenzioni salvifico. Almeno lo è stato per lui. Da una sua esperienza di solitudine in un borgo nasce questo sogno messo sulla pagina. Ispirazioni letterarie a parte -si è parlato di Leopardi, di Saint-Exupery, di Buzzati - La lucina atterrisce per le atmosfere a tratti inquietanti di una natura che muore intorno al cuore di un uomo che è morto già e si sostina a spiegarlo. Di quale luce è in cerca l'uomo moderno? Da quale buio dell'anima aspira ad uscire? Cosa è veramente importante? E non è forse una scelta smettere di vivere? Farsi luce per accendersi altrove, forse per la prima volta? Cosa vogliono dirci i nostri passi nella natura, nel mondo, quale terra segniamo con la nostra presenza? Cosa c'è nel cielo e oltre.. dentro di noi? "E' difficile dire quello che sto facendo.."
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