venerdì 24 febbraio 2017

'La donna che scriveva racconti ' di Lucia Berlin.

"È così che funziona l'arte. Ferma la felicità nel tempo. Leggendo questo racconto può rivelarla tutte le volte che gli pare".
E arriva felicità, rabbia, dolore, inadeguatezza, speranza, passione, tristezza da ogni racconto di Lucia Berlin che tratteggia personaggi inconsueti, unici. Scrive di sé. Sempre, anche quando delega ad altri la parola e arriva il tormento di un'infanzia difficile in giro per il continente americano, all'ombra di una madre anaffettiva, a tratti sprezzante con il prossimo, di parenti ubriachi sempre ad un passo dal suicidio un attimo prima di gesti eclatanti, un talento per la scrittura soffocato dalle scelte d'amore, figli, mariti, lavori diversissimi anche umili ma necessari a mantenere una famiglia che cresce e la vita che scorre: incontri, fallimenti, viaggi perigliosi, esperienze stravaganti, l'alcool come compagno di sempre, e la scrittura che torna prepotente a bloccare l'attimo, l'istantanea di un giorno, di un incontro, un sentimento che merita il ricordo. Volti che restano impressi nel lettore, storie che parlano di noi. Il novecento declinato nelle tante esperienze di vita di una donna che si è fatta 'uno, nessuno, centomila'. 
Una scrittura asciutta, definita, che arriva al cuore del lettore per restarci.
La pagina scritta della Berlin è come una foto di Vivian Maier, vera al punto da essere quasi disturbante

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