lunedì 18 luglio 2011

"Le due vite di Elsa" di Rita Charbonnier

"Il villino dei Puglielli.. entrando si aveva l'impressione di venirsi a trovare in una cripta. Stagnava ovunque un amaro odore di rinchiuso.." così la giovane Elsa, così il suo corpo, la sua mente, la sua anima imbrigliata in formalismi familiari, obblighi, veti, tutto per non destare scandalo, per non turbare l'opinione pubblica -imbolsiti uomini di regime, nobilucci intarcapecoriti, esponenti di una borghesia tacitata dall'ascesa di uomini senza merito. Ma Elsa ha vent'anni, ha mille dubbi sulla sua famiglia, o almeno quel che resta della sua famiglia: la zia Olga poco più che un cerbero rinsecchito, il fratello Michele preso dai suoi studi, dagli amici, dal bisogno di capire il suo tempo e il padre Giacinto, assente, inerme, una figura sullo sfondo. Ma qual è la colpa di Elsa sin da piccola tacciata di diversità? Una certa eccitabilità, irrequietezza, incostanza. Possibile che sia tutto da ascrivere alla sua immaginazione? A quei sogni che la spossano, che la portano lontano e che per qualche momento le regalano una vita diversa o almeno l'illusione di una vita altra, la vita forse che vorrebbe vivere, libera, determinata, finanche spregiudicata. La vita di un'eroina moderna magari, quell'Anita Garibaldi che il regime fascista si appresta a celebrare e che la stessa, piccola Elsa si accinge ad interpretare a teatro, in un farzesco, sfibrante ultimo tentativo di riconsegnarla alla normalità, privandola se mai di quella balbuzie che la attanaglia sempre più di frequente. Anita e Elsa, sogno e realtà. L'idea folle di una reincarnazione. Un sogno forzato ad occhi aperti nella ricerca di una vita mondata da segreti che pesano come macigni perché gravano sul cuore di tanti, troppi, su quelli che dovrebbero proteggerla, volerle bene, amarla a prescindere da ogni giudizio e pregiudizio, amarla come merita una ragazza di vent'anni, il cui unico segreto da celare dovrebbe essere quello di un cuore che batte per l'innamorato. Come Anita la piccola Elsa sarà coraggiosa perchè capace di cogliere l'aiuto delle scienze moderne, su tutte la psichiatria, per vedere dentro di sé, guardare in fondo all'abisso dell'animo malato e ghermire la lievità della libertà, accettare il suo essere in divenire, un potenziale da costruire giorno dopo giorno, in nulla somigliante a modelli imposti da altri -familiari, società- ma affine al suo spirito. Così in una Roma in preda al furore dell'ascesa del regime fascista scorre la storia della rinascita di una ragazza finalmente libera dal suo doppio, libera di amare ed essere amata.. follemente, ingenuamente, con totale devozione e sacrificio così come era stato tra Anita e Giuseppe Garibaldi.
Un romanzo emozionate quello della Charbonnier, capace di toccare l'anima con un personaggio -quello di Elsa- triste, dolce e al tempo stesso consapevole e vivace. Una scrittura lieve, minuta, attenta in ogni dettaglio capace di spaziare dalle atmosfere lievi e trepidanti di un teatro a quelle cupe, dolorose, estreme di una clinica per malati mentali. Di più, l'autrice ha saputo dare il giusto peso all'alternarsi della doppia vita di Elsa e Anita consegnandoci sprazzi di un personaggio storico spesso relegato al ruolo di comprimario, portando il lettore al fulcro di una storia d'amore d'altri tempi, impossibile da isolare dal contesto storico.. lo stesso che in questi mesi festeggiamo, spesso con poco entusiasmo: l'unità d'Italia, unità per cui uomini e donne, donne speciali come Anita persero la vita. Un sogno lungo anni.. e anni alfine concretizzato.

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