Qui di seguito la rec. n.280: "Il ragazzo che leggeva Maigret"http://www.box.net/shared/yoeg787q8k
"..credo nella filosofia" così Ipazia risponde all'assemblea cittadina che la interroga sulla sua fede.
Nuova intrigante indagine per Jane Austen, qui nei panni di una detective letteraria ante litteram, ideata dall'americana Stephanie Barron o più semplicemente intelligente e curiosa donna dell'Inghilterra di inizio '800, in 'Jane e lo spirito del male' al fianco del fratello Neddie, giudice di pace del Kent, costretto all'inquietante compito di dare un nome all'assassino dell'affascinante quanto spregiudicata Mrs Gray, il cui cadavere scomposto e vergognosamente svestito viene ritrovato nella carrozza ai margini della pista che poco prima l'ha vista trionfare alla principale quanto attesissima corsa di cavalli della contea.
Li chiamano 'prison movie'. Sono film con ambientazione carceraria. Ma le etichette, a volte, poco dicono della profondità, di più della capacità di un film di descrivere non solo il 'pianeta cercere' ma la società nella sua complessità.
In "Sopporta cuore.." Eva Cantarella, studiosa del mondo antico, si interroga sul momento in cui l'uomo ha avuto percezione di poter decidere delle proprie azioni. Alla base della consapevolezza della propria 'libertà' c'è poi il presupposto di concetti etici prima, giuridici poi quali 'colpa' e 'responsabilità'. La risposta l'autrice la cerca nell'epica greca, in Omero, e su tutti in Ulisse, straordinario eroe greco. Nella sua Itaca operò vendetta o giustizia? Il suo era un agire eterodeterminato o autodeterminato? Giustizia privata e giustizia pubblica si sfiorano con Ulisse in cui si osserva un principio fondamentale della civiltà giuridica: quello che pone la colpevolezza alla base della responsabilità morale. Un breve saggio lucido, interessante e ben scritto.
Una scrittura lieve e intensa racchiusa in un soffio di pagine per raccontare della strana amicizia di due ragazze nella Bari degli anni '50, che ostinatamente cerca di rialzare il capo, legata al passato, alle tradizioni eppure già protesa in avanti, verso una modernità che si osserva non solo nella trasfigurazione reale della città ma nei nuovi bisogni, nelle aspirazioni, nei sogni di una generazione desiderosa di contribuire al cambiamento della società. Tra tutti, lei, Arielle, diversa, indefinibile, irraggiungibile, per tanti un 'mito', un ideale di perfezione, lei repentina nei cambiamenti, algida e un momento dopo sorridente tra la gente mediocre cui attribuire i mali della società. Poi l'ennesima partenza avvolta nel mistero. "Arielle è andata via".
A poche settimane dal trentennale della morte del giornalista Walter Tobagi (ucciso da una semisconosciuta formazione terroristica di sinistra il 28 maggio 1980), ho sentito la necessità di leggere il libro che sua figlia ha voluto dedicargli.. per capire, per guardare oltre il ritratto pubblico. Sorvolando sulla forma, con continui rimandi a virgolettati di cui si perdono le tracce, e sul contenuto specifico, manca come forse è ovvio che sia un'attenta disanima di quei terribili anni di piombo, il testo della Tobagi si fa chiaro omaggio al padre, nel recupero di un'assenza che non può colmare né il tempo né la parola dei suoi scritti di cui pure si fa interprete e tesoriere. Un ritratto, quello di Tobagi, che denuncia ancora più ai nostri giorni la mancanza di impegno o per dirla con le parole del cardinal Martini citato dall'autrice "..la radicalità.." che vuol dire impegno totale per un mondo più giusto, nel costante contatto con la realtà quotidiana. Tobagi insomma, non un eroe civile ma un giovane coraggioso. Ad avercene..
Lyme, piccolo centro costiero nel sud dell’Inghilterra, prime decadi del XIX secolo. Due donne si aggirano sulla spiaggia, sono Mary Anning, figlia di un ebanista, per la gente poco più che una miracolata perché colpita e sopravvissuta ad un fulmine e la borghese Elizabeth Philpot, un’eccentrica zitella londinese. Ad accomunare due persone diverse per età e condizione sociale: l’amore per i fossili e la determinazione a porsi interrogativi sulla presenza tra le rocce di creature straordinarie che mettono in discussione gli insegnamenti religiosi. Strane creature, sia le due donne, sia i fossili degli animali mostruosi vissuti migliaia di anni prima, il cui ritrovamento attira sulle spiagge di Lyme studiosi, scienziati, nobili bizzarri e avventurieri, rei questi ultimi come il colonnello Birch di approfittare del cuore generoso di Mary scatenando la competizione con l’algida Elizabeth. Ma alfine l’amicizia tra le due donne avrà la meglio sulle piccole gelosie, invidie, inquietudini. Messi da parte i dissapori, pronte l’una per l’altra a generosi sacrifici, Mary ed Elizabeth torneranno sulla spiaggia di Lyme a raccogliere fossili, vestigia di un passato sconosciuto, capace di lì a breve di riscrivere la storia dell’umanità.
Un piccolo paese della riviera romagnola, ai margini della stagione estiva, svuotato di turisti ma non di avidi pettegolezzi tra la gente che osserva e si lascia andare a qualche giudizio spicciolo e poi quello strano miscuglio di atti volontari e circostanze casuali che inscenano strani meccanismi a catena rivelando quel che è preferibile ignorare, aspirazioni, sogni ma anche piccoli e torbidi segreti, rancori, vendette. Così la morte del notaio Annibale Ricci Ribaldi a poche ore dal suo grido d’aiuto ad autorità e religiosi del paese spinge ad indagini delicate su una famiglia austera e fin lì poco chiacchierata, ma cosa nasconde il passato del notaio, e quello della moglie Maria Teresa, su cui girano voci di tradimento? E i figli, i domestici, gli impiegati dello studio? Tutte persone dall’irreprensibile vita o no? Coadiuvato dalle brillanti osservazioni dello scrittore Primo e del vecchio Proverbio, il questore Fusaroli indaga incrociando mille e piccole storie di paese, mettendo a nudo il meglio e il peggio di una ‘tranquilla’ vita di provincia.
Il vecchio Juan Givell, in punto di morte, rivela alla nipote Maria, la verità sulla morte del grande architetto Antoni Gaudì: cospirazioni, sette, antichi ordini religiosi e un segreto che ruota intorno alla figura di Gesù. Coinvolti nelle indagini il fidanzato Miguel e l'amica Taimatsu, Maria riuscirà a mettere insieme i pezzi di un mistero complicato tra indovinelli, ricordi di infanzia, notizie storiche e leggende guardando alla sua città -Barcellona- e alle opere di Gaudì con uno sguardo nuovo, disincantato lasciandosi vincere dall'irrazionale prima, abbandonandosi alla fede poi. Tutto per giungere al cuore del segreto celato dalla notte dei tempi, in fretta, solo sei giorni, schivando l'orrore del male, il cui volto conosce da sempre, perchè scolpito nella facciata della Sagrada Familia.
"Sappiamo che conservi le storie, vorremmo ascoltarle".
Malik, 19 anni, arabo di origine, randagio di sentimenti e rapporti umani, entra in carcere, condannato ad una pena di 6 anni. Perso nell'angoscia dei primi giorni capisce che le piccole difese della sua età, pur provata dalla strada e da mille piccoli soprusi, non bastano ad assicurargli la sopravvivenza in carcere. E' costretto a piegarsi al volere del gruppo dominante, quello dei corsi, che lo spinge a diventare un assassino. E' la prima dura lezione del carcere, ma non la sola. Perchè Malik che nell'angustio spazio di reclusione si lascerà accompagnare dall'interloquire con il fantasma della sua vittima, coglierà tutte le opportunità per farcela: il lavoro, l'amicizia con chi gli ispira l'unico sentimento di famiglia, la scuola ovvero l'acquisizione di un metodo di studio e osservazione che faranno di lui una persona in grado di comprendere la lingua e l'agire dei compagni di reclusione, gli stessi che arriverà a conoscere al punto di tradire e/o sfruttare. Malik, detto il profeta proprio perchè capace di parlare ai corsi, agli arabi, agli avvocati e ai trafficanti di droga nonché spietati assassini nelle uscite per buona condotta, pur di assicurarsi una vita criminale di successo arriverà a relegare sempre più nel profondo l'ultimo briciolo di umanità e affetto, che ormai libero riserverà alla compagna e al figlio dell'amico morto. Un film spietato e duro che sembra supportare i luoghi comuni sulla vita in carcere e che inquieta per la spregiudicatezza di alcune scene, potenzialmente e drammaticamente realistiche. Lo sono i rumori, i colori, le facce di chi sta in carcere, di chi legge negli occhi dell'altro ora la violenza, ora la rabbia, ora l'estraneamento tipici dei luoghi di reclusione. Una regia potente, attori talentuosi, su tutti il protagonista Tahar Rahim, una narrazione serrata e l'inquietante banalità del male che finisce per cancellare qualsiasi stucchevole lieto fine di probabile riscatto. Un film spiazzante, per certi versi nel suo genere un film quasi perfetto.